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IL NARCISISMO

Lingiardi dice “siamo tutti narcisisti, ma non nello stesso modo. E non tutti abbiamo un disturbo narcisistico di personalità”. 

Narciso rappresenta il funambolo dell’autostima: cammina su una corda tesa tra un sano amor proprio e la sua patologica cerebrazione. Tra questi estremi c’è il narcisismo della nostra vita quotidiana, condizionato dal contesto socio-culturale in cui viviamo. Approcciarsi al narcisismo è come compiere un viaggio avventuroso tra bellezze ammaliatrici e mostri spaventosi.        

Un famoso psicoanalista inglese propose di distinguere i narcisisti “a pelle spessa” da quelli “a pelle sottile”. I primi, pieni di sé, privi di empatia, grandiosi che reclamano inconsapevolmente ogni attenzione e i secondi, timidi, nascosti e silenziosi, la cui pelle ricopre i comuni sentimenti di insoddisfazione, la paura di non essere visti, il giudizio degli altri. In modi opposti, entrambi, testimoniano l’incapacità di raggiungere un equilibrio tra l’affermazione di sé e il riconoscimento dell’altro.

Ma non tutto il narcisismo è patologico. C’è anche il sano amore di sé, ingrediente necessario alla conoscenza di noi stessi che ci consente di compiere il passo dall’io verso il tu, che, certo, non esclude la preoccupazione per come siamo e per come gli altri ci vedono.

La pressione che il narcisismo esercita sulla nostra personalità dipende da dimensioni variabili: la storia familiare, l’educazione ricevuta, il rapporto coi fratelli, l’interazione tra genetica ed esperienze di vita…

Che ruolo ha in tutto ciò il contesto socio-culturale in cui viviamo? Spesso tendiamo ad attribuire alla società molte responsabilità della nostra crescente narcisizzazione. L’indebolimento dei legami solidali e il rafforzamento di ossessioni identitarie, economiche ed estetico-chirurgiche sembrano essere diventati i nuovi pilastri a cui i media prestano sempre più attenzione. Abbiamo paura di rapporti duraturi, siamo terrorizzati di invecchiare, di imbruttire, rimuoviamo la vulnerabilità, ricerchiamo apprezzamenti virtuali e godiamo nel presenziare interattivamente.

Le patologie narcisistiche stanno aumentando? Forse sì, ma ogni disturbo della personalità è l’esito di un modello bio-psico-sociale. Il nostro dovere diventa, quindi, quello di superare la soglia che separa il narcisismo della vita quotidiana da quello maligno che intossica la nostra vita lavorativa, affettiva e comunitaria.

Il nome Narciso rimanda alla parola greca “narkè” che significa sonno, torpore. “Narkao” ha, in greco, il significato d’intorpidire, irrigidire, anche d’inebetire, stordire. Come cita Gadda “Narciso è l’irrigidito in sé, il sonnolente (…) quegli che non dà: che non si dà”. Narciso è anestesia, forma narcotica di vita, immobile, sospesa nel riconoscimento ingannevole o mancato.

 

Così si presenta Patrizio, un giovane quarantenne, che da anni non prova nulla, è anestetizzato e bloccato. L’unico sentimento che prova è una rabbia distruttiva: odia la fidanzata che ha preferito un altro a lui, odia il padre, vittima di una madre che lo umilia, di cui si vergogna per le misere condizioni in cui vive, odia la sorella che considera inutile come il padre, odia la madre che non sa badare a sé stessa e spende ogni centesimo nei suoi vizi, odia gli amici perché l’hanno abbandonato e odia gli altri, tutti, perché hanno tutto ciò che a lui è stato tolto.

Patrizio vive la sua infanzia da solo: i genitori si separano ancora prima della sua nascita! A scuola fa fatica a concentrarsi e così arrivano le prime bocciature. Non ha amici se non quei due bambini che hanno accettato di andare alla sua festa di compleanno. Tutto troppo doloroso per Patrizio. E allora nel mondo interno di quel bambino deluso da un amore materno privo di investimento affettivo, di gioia e di vitalità, si crea un buco, un’assenza in cui lui stesso si identifica.

Come può sopravvivere Patrizio a questa morte interiore, a questo dolore narcisistico? Rinuncia alla relazione con gli oggetti d’amore e si affida alle sue onnipotenti fantasie narcisistiche. Lui, speciale fin dalla nascita, nato, già grande, con quattro settimane di ritardo, è sempre stato l’alunno preferito dalle maestre perché più capace e dotato degli altri. I compagni di scuola gli stanno lontani perché impauriti dalla sua forza. Sagace imprenditore, si considera capace di ottimi guadagni. Tutte le sfortune della sua vita sono capitate per colpa degli altri, che godono ingiustamente di ciò che a lui è stato tolto! Gli altri sono minacce difronte ai suoi labili confini: la troppa vicinanza rischia di annientarlo e la lontananza lo fa sentire solo e abbandonato.

Il percorso vissuto con Patrizio è stato un viaggio faticoso: abbiamo navigato, insieme, tra sentimenti transferali e controtransferali potentissimi.

L’iniziale svalutazione che Patrizio riservava nei miei confronti, proiezione di una parte inaccettabile del proprio Sé. La difficoltà di sentirmi, per lungo tempo, sminuita come terapeuta e come essere umano. La convivenza con la frustrante sensazione che nel percorso che stavamo compiendo non accadesse nulla. Il contatto con la rabbia di Patrizio esplosa anche solo per qualche commento o domanda sui sentimenti che provava; il contatto con i suoi tormentosi sentimenti di vergogna, di inadeguatezza, d’invidia e con la sua fragile autostima, compensata da sentimenti grandiosi e sprezzanti, che lo portava ad evitare di riconoscere il proprio ruolo in ciò che accadeva nella sua vita.

Tra movimenti di rottura e riparazione e momenti affettivi intensi, in tre anni di terapia, Patrizio ha potuto sperimentare un nuovo tipo di rapporto: una vicinanza non distruttiva dalla quale entrambi siamo sopravvissuti. Ha potuto dare un senso e un nome alla sua sofferenza. Abbiamo potuto sperimentare, entrambi, anche attraverso i miei errori, l’idea che tutti siamo imperfetti.

A distanza di qualche mese dalla fine della terapia, una frase, spesso citata nei nostri incontri, torna nei miei pensieri: “tutto comincia dall’imperfezione”.

Come dice il filosofo e scrittore T. Pievani in un suo bellissimo libro “(…) in principio fu l’imperfezione. Una disobbedienza all’ordine precostituito, una ribellione senza testimoni, nel cuore della più buia delle notti”.

 

Estella Cuni

 

 

  1. LINGIARDI. (2021), Arcipelago N
  2. MC WILLIAMS. (2011), Psychoanalytic Diagnosis- Understanding personality structure in the clinical process. Tr. It. Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 2012
  3. MUCCI. (2020), Corpi borderline- Regolazione affettiva e clinica dei disturbi di personalità

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