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Poetry Therapy

Il libro “La Finestra sul Confine” fu completato nel 2008 dopo alcuni anni di faticosa gestazione. Già a partire dal 2000, infatti, cominciai a raccogliere un materiale poetico che dentro di me dialogava con un'altra dimensione-voce interiore.

Tale dialogo accadeva in particolare quando, nel setting clinico, il materiale emozionale del paziente confluiva nel mio personale flusso di pensiero in forma poetica. Era come se vi fosse un fantasma benevolo dialogante che si interconnetteva con il materiale profondo del paziente. La mia personale voce-visione co-creava poeticamente con ciò che il paziente o la coppia o la famiglia andavano rappresentando lì, davanti a me, nel setting clinico. La loro personale vicenda poteva riguardare una situazione di stallo, una storia di provenienza, o forse alcuni  sforzi sino a quel punto rimasti vani. 

Di Poetry Therapy non sapevo nulla, tant'è che l'ispirazione per rispondere alla mia domanda, implicita quanto muta, accadde in sogno: la cercavo, ma non sapevo pronunciarla. Cercavo un termine che dicesse ciò che intuivo ma non sapevo. Di certo riguardava il processo di com-prensione e trasf-ormazione che a volte si generava nel setting, se e quando le varie forze in campo prendevano una  certa forma poetica. Sì, ma di cosa si trattava, più precisamente? Cos'era questo processo, come nominare questo fenomeno?

Finalmente una mattina, svegliandomi dal sonno, la parola che mi trovai in bocca fu questa: TRASDUZIONE. Andai a cercare sul dizionario e capii che non proveniva specificamente dal lessico letterario; ciononostante, caricò i miei sensi di una tale energia che mi convinse. Quella era la parola che identificava il processo, non solo poetico, che era venuto a cercarmi. Un processo che mi avrebbe assistito nel fornire materiale interpretativo ai fenomeni del setting. Potevano essere immagini del vivere quotidiano, oppure metafore per interconnettermi con i blocchi psico-emotivi ed i traumi dei pazienti, a volte nell'esperienza di una loro transitoria sconfitta e conseguente smarrimento. Eccone un esempio:

Perché accarezzi il mio cane? / Lo guardi dritto negli occhi/mi chiedi della sua vita/senza pudore alcuno/ delle sue passioni/e non vedi me, cieco, che/più di lui sono bisognoso /mendicante di sguardi /e scintille d'amore./Non c'è il mio cuore/celato sotto il suo pelo/è solo – nel mio petto -/ancora rimbombante/- lo sconquasso -/i rumori fastidiosi, grevi/di una architettura /a un tratto sregolata/sprofondata quasi nel nulla.

Grazie alla ‘mediazione’ di questo linguaggio indiretto, ma significativamente innestato nella sua esperienza, il paziente si poteva sentire letto e compreso. Soprattutto, si poteva sentire detto, trasdotto in linguaggio intimamente fedele al suo sentire.

Nell’intraprendere questa nuova strada mi sentivo forte delle testimonianze dirette e indirette degli psicanalisti che mi avevano preceduta. Trovavo suggestioni ed autorizzazioni anche nei padri fondatori sopratutto Jung e diversamente Freud, oltre che in illustri successori quali Hillman, Meltzer, Umberto Galimberti, etc.

Perché l’atto creativo e poetico possa aver luogo, la narrazione messa in scena dal paziente deve risuonare nella mia interiorità in un processo appunto trasduttivo, che implica un corpo che sente, un’anima che vibra e una mente rarefatta che accoglie. Se questi sensori si muovono all'unisono, vi saranno anche maggiori probabilità di successo nell'avvalersi di modelli, teorie e nominazioni psicodiagnostiche per comprendere nella sua specifica complessità l'altro da me. Quando possibile è un approccio che ci consente di co-creare con il paziente nuove vie d’uscita e interpretazioni, nonché ristrutturazioni di senso, di cornice, di contesto. Ed è  così che a volte, dal crogiolo ogni volta irripetibile, possono crearsi poesia e trasduzione terapeutica.

Madre, non insistere, non ostinarti oltre/ non camminare davanti a me/potrei distrarmi e perdermi./Madre, non camminare dietro di me/potrei voler cambiare strada /e rinunciare per non perderti. Camminami al fianco ancora per un po' Madre/ma stammi alla giusta distanza./Saremo insieme, e non saremo insieme /in viaggio ci racconteremo /sogni, dentro differenti cammini.

Ad esempio, questo testo è la rielaborazione poetica della  storia di una donna, la quale non si capacitava del fatto che la figlia si stesse emancipando e dunque sottraendo al suo controllo. È una problematica piuttosto diffusa. Quando gliela lessi lei ebbe un'intensa abreazione che le permise di accedere alla sua contraddizione profonda. Lei aveva perso la madre in adolescenza. Divenne per lei evidente il doppio legame con la propria figlia. 

Ad un certo punto mi accorsi che il mio lavoro aveva cominciato ad aiutare anche altri colleghi. Accadde per esempio che alcune mie colleghe me ne domandassero, al fine di utilizzare lo stesso processo con dei loro pazienti in presenza di blocchi simili. Mi è parso come se si trattasse di enzimi, innesti, antichissimi rimedi  per alimentare processi di evoluzione profonda.

Ad un tratto però mi parve che alle mie  trasduzioni questo ancora non bastasse: esse volevano diventare rinarrazioni capaci di generare processi di trasformazione e cambiamento a più livelli: cosa dovevo fare?  Mi interrogai e cominciai ad intendere che quel dono avrebbe potuto avere un effetto a cascata per aiutare, nella trasformazione evolutiva, anche altre persone in altri contesti. Mi impegnai allora con le mie poche risorse organizzative a pubblicare racconti, testi poetici ed articoli. Nel fare questo cercavo una mia lingua di congiunzione (anche oltre i testi poetici) per dare respiro comunicativo a quel prezioso materiale che, per vie non del tutto spiegabili, si muoveva in me e mi accompagnava.

Lo scempio che creiamo/oltre le nostre scarpe/fuori dai nostri panni/torna e tornerà /attraverso i cieli che /non sono tutti ai nostri piedi.

Questo testo ha a che fare con l'interconnessione che sono andata cogliendo tra l'ambito clinico e quello eco-sistemico ambientale. Il principio che mi è parso di intravedere è questo: vi è un generale processo di bonifica del mondo che può ricevere slancio dalla risoluzione di enigmi interiori riguardanti le genealogie di provenienza - è lì che si trovano cause e concause dei propri traumi e contraddizioni copionali. L'esposizione al bacio della parola poetica - proveniente da un simbolico e al contempo reale territorio collettivo - spinge per liberare qualcosa di importante e prezioso che giace nel sottosuolo di molti. 

Attraverso una sorta di benefico contagio reciproco. È un processo di ri-connessione capace di avvicinare la mente cognitiva al territorio delle emozioni e dell’intelligenza corporea, intuitiva, oltre che alimentare beneficamente quel campo relazionale che tutti ci unisce.

“E se ogni altro che incontriamo/non fosse/che una parte di noi/ritrovata?”

Cosí ho avuto modo di scrivere in passato: “E' crescente e sempre più diffuso un nuovo sentire, un humus in cui i singoli destini si intrecciano e innestandosi, originano cambiamenti, infondono energia, movimento, consapevolezza nella mente, nel corpo, nel sentire di un numero crescente di donne e di uomini.“  

Costruiremo zattere/per lambire il mare/e rasenti le nuvole/conosceremo altri mondi./Sementi gettiamo alla vita/è il vento nuovo che grida/di qui sta passando. 

Continuo ad immaginare le nostre cellule capaci di contenere e trasportare anche anima, mentre dialogano tra di loro e a maggior ragione con le cellule di altri corpi, di altri sistemi, riuscendo ad influenzarsi tra loro beneficamente. La poesia, oggi direi anche la Poetry Therapy, insieme a tutto il resto che è moltissimo, contribuisce ad amplificare tale processo di trasformazione sinergica e  collettiva.  

Coraggio, mettici la faccia/non farti intimidire/dalle voci dei nemici/coraggio mettici la fede/per sventare i perbene /che non vogliono pace/né vogliono vero bene.

Dopo alcuni anni di vorticoso lavoro di scrittura e sporadiche pubblicazioni autoprodotte,  conobbi  la professoressa, poeta e musico-terapeuta Marisa Brecciaroli. Da questo incontro, che si rivelò fondamentale per la mia successiva ricerca, nacque anche la sua collaborazione (con un’approfondita introduzione critica) alla pubblicazione del mio testo di base sulle ‘trasduzioni poetiche’.  Avevamo in comune l'amore per la poesia, la fiducia nella cura attraverso l'arte, la bellezza e l'elevazione dello spirito per sostenere la comprensione più profonda e spirituale delle realtà possibili. Ma anche dopo la scoperta della Poetry Therapy, decisi di mantenermi fedele alla parola quella notte suggerita dal sogno: trasduzione poetica.

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